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La fusione Bea/Cem è nata male, con lo scambio di azioni naufragato giusto un anno fa all’ultimo minuto (in quanto violava la legge), e rischia di finire peggio. E non basta un nome “green”, Differentia, per renderla accettabile!

E’ un progetto profondamente sbagliato dal punto di vista concettuale: le società che fanno la raccolta differenziata (come Cem) hanno un interesse opposto rispetto alle società che fanno smaltimento (come Bea). Lo capirebbe anche un bambino delle elementari, ma il presidente della Provincia Ponti e i sindaci brianzoli insistono con questa fusione che ha come unico scopo quello di salvare dal suo naturale destino (la chiusura) il vecchio forno di Desio, garantendogli da bruciare i rifiuti dei comuni serviti da Cem; il tutto a discapito dei cittadini brianzoli che vedrebbero vanificati gli sforzi per migliorare la raccolta differenziata.

Il simpatico vice presidente della Provincia, Roberto Invernizzi, dichiara che è importante creare il cosidetto “ciclo integrato dei rifiuti” gestito da una realtà pubblica, che potrà valutare se sfruttare completamente le potenzialità dell’inceneritore (dando ad intendere che non lo farà). Invernizzi non sa o finge di non sapere che il piano industriale di Bea certifica il fatto che nei prossimi anni i conti economici del forno saranno in rosso a causa del venire meno degli incentivi statali all’incenerimento (certificati verdi). Il rimedio individuato è semplice: potenziare il forno e bruciare di più, nonostante il Governo abbia certificato l’esistenza di oltre 500 mila tonnellate di sovracapacità di incenerimento nella nostra regione.

E se questo non bastasse a smentire la stravagante tesi dell’Invernizzi, ricordo che il suo governo, attraverso la legge Sblocca Italia, costringe tutti i gestori ad utilizzare gli impianti al massimo carico termico per fare fronte ad esigenze nazionali di smaltimento (e a Renzi non frega nulla che il gestore sia pubblico o privato). Quindi o si brucia al massimo della capacità o si chiude l’impianto (come hanno saggiamente deciso di fare i comuni soci dell’impianto Accam di Busto Arsizio). Non ci sono vie di mezzo, se non nella fervida fantasia di Invernizzi.

Ma il progetto non sta in piedi nemmeno dal punto di vista giuridico: Bea Gestioni è una società partecipata anche da un privato (il 10% delle azioni sono di Comef s.r.l.) quindi l’idea di creare dalla fusione una nuova società interamente pubblica che gestisca il servizio in house per tutta la provincia è semplicemente irrealizzabile.

Anche dal punto di vista economico i conti non tornano: vogliono fare una fusione “alla pari” tra una società patrimonialmente ricca come Bea (avendo un impianto) e una con un patrimonio modesto come Cem (essendo solo una stazione appaltante o poco più).

Non vorrei che ci fosse in atto qualche “manovra strana” per ridurre le distanze tra i due patrimoni, con l’obiettivo di arrivare a un fusione equilibrata tra le due società. Vigileremo sul rigoroso rispetto della legge, se qualcuno pensa di portare avanti la fusione ad ogni costo si sbaglia di grosso. Il Movimento 5 Stelle glielo impedirà. Abbiamo già dimostrato con l’esposto all’Anac sul bando per la turbina del’inceneritore di Desio che siamo pronti a percorrere tutte le strade perché la legge sia rispettata.

 

2 commenti

  1. Grazie Gianmarco, non ti sfugge nulla.