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Oggi pomeriggio ho fatto una visita al carcere di Monza, insieme alla collega Paola Macchi. Ci siamo presentati senza preavviso e abbiamo chiesto di visitare il carcere, in virtù dei poteri ispettivi che la legge attribuisce ai parlamentari e ai consiglieri regionali.

Per me è stata un’esperienza totalmente nuova, mentre per Paola, che fa parte della Commissione Carceri, si è trattato di una delle tante visite effettuate fino ad oggi. Da molto tempo desideravo entrare in un carcere per farmi un’idea di come possa essere la vita in un luogo simile. Paola nei giorni scorsi mi aveva avvisato che si tratta di un’esperienza piuttosto impressionante e io, in qualche modo, avevo cercato di prepararmi psicologicamente al peggio.

E forse proprio per questo, devo dire che ho trovato una situazione complessivamente migliore di quella che mi aspettavo. Ho trovato il personale del carcere generalmente cortese e disponibile a fornire tutte le informazioni, in particolare la direttrice Maria Pitaniello mi è parsa una persona sensibile e in gamba.

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Non avendo termini di paragone con altri carceri, riporto il pensiero di Paola, che ha trovato la casa circondariale di Monza particolarmente pulita e attiva nell’offrire opportunità formative e professionali ai detenuti, anche se non tutti quelli che ne fanno richiesta hanno l’opportunità di lavorare. Tra le varie sezioni, abbiamo visitato la falegnameria, la panetteria, la sartoria, la biblioteca, la sala teatro, l’area dei colloqui con i visitatori e l’area giochi per i bambini in visita ai genitori.

Sempre a detta di Paola, anche nella visita alle celle si è respirato un clima relativamente sereno tra i detenuti, rispetto ad altre prigioni. Contrariamente allo stereotipo del carcerato, ho visto tante persone dall’aspetto normalissimo, che ti salutano e ti sorridono come fa il classico “vicino di casa”.

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La cosa che mi ha colpito di più sono gli spazi ristretti delle celle. Anche la struttura di Monza è colpita dal sovraffollamento: le celle, originariamente previste come singole, ora sono occupate in alcuni casi anche da tre detenuti, uno dei quali deve dormire in una branda che di giorno viene piegata e riposta sotto uno degli altri due letti.

A fronte di una capienza “regolare” di 405 e di una capienza “tollerata” (cioè oltre la quale non si può andare) di 710, oggi ci sono 685 detenuti, di cui il 48% stranieri (tra le donne, le straniere sono l’82%). Metà dei detenuti sono tossicodipendenti.

Un’altra nota dolente riguarda l’edificio, che pur avendo solo una ventina d’anni, versa in condizioni piuttosto fatiscenti, tanto da avere un’ala inagibile per forti infiltrazioni d’acqua piovana. Le risorse a disposizione sono quelle che sono e non sempre si riesce a tenere tutta la struttura in modo decoroso.

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Proprio per questo faccio mio l’appello della direttrice, che è alla ricerca di vernice per pitturare varie parti dell’edificio, di modo da tenerlo pulito e in ordine. Se ci fossero delle ditte o dei centri commerciali con eccedenze di magazzino e desiderano donare vernice (bianca o colorata, non importa), mi contattino, sono i benvenuti! Ho già chiamato i media locali e sarebbero disposti a dare visibilità a questo gesto di generosità, di modo da assicurare un giusto ritorno di immagine. Attendo segnalazioni!!