Estrarre materie prime dal sottosuolo è sempre un danno al territorio, anche quando si tratta di semplice sabbia e ghiaia.
La ferita inferta al paesaggio è il segno più evidente: le cave consumano colline e montagne e scavano voragini nelle pianure.
Ma il prezzo più alto è rappresentato dal danno ambientale. Con la distruzione del suolo si cancellano enormi aree naturali e agricole e si mette a rischio una delle risorse più preziose che abbiamo: l’acqua!
L’attività estrattiva comporta infatti un grave pericolo di contaminazione per le falde acquifere.
È il caso della Valle Bevera: le sue importanti falde acquifere, fonte principale di approvvigionamento idrico per la città di Varese, sono da tempo a rischio di inquinamento a causa delle cave presenti nel territorio.
Esiste poi il pericolo che le cave esaurite, spesso adibite a discariche per inerti, ricevano illegalmente rifiuti pericolosi, come accaduto presso la cava Femar nel 2009.
Nelle zone del varesotto e del comasco questo duplice business fatto di estrazione e smaltimento è reso ancora più redditizio dalla possibilità di esportare le materie prime in Svizzera e importare rifiuti: infatti sul ricco mercato svizzero i gestori di cave e discariche ottengono ricavi maggiori. L’affare conviene molto anche agli svizzeri che, in questo modo, evitano di realizzare nuove cave e discariche, preservando così il loro territorio e le loro risorse naturali.
Gli unici che hanno da perdere siamo noi, cittadini italiani che di mestiere non facciamo i cavatori e che dobbiamo sopportare la distruzione del nostro territorio, l’impoverimento delle nostre risorse naturali, l’importazione dei rifiuti svizzeri e il rischio di inquinamento delle nostre preziose riserve d’acqua.
Nel 2015 l’Italia ha esportato in Svizzera circa un milione di tonnellate di sabbia e ghiaia provenienti quasi esclusivamente dalle province di Varese (53%) e Como (43%) e in grado di soddisfare il 40% del fabbisogno dell’intero Cantone Ticino; nello stesso anno il flusso delle terre da scavo verso il territorio italiano ha superato le 200 mila tonnellate.
Il problema è che la qualità dei rifiuti edili in ingresso alla frontiera è difficilmente controllabile dalle autorità italiane anche perché i rifiuti pericolosi possono essere facilmente tritati, miscelati e nascosti illegalmente nei carichi di rifiuti inerti e terre di scavo.
In questo scenario, nel 2015 Regione Lombardia ha siglato un accordo con il Canton Ticino che, pur scongiurando la realizzazione di una nuova discarica svizzera a ridosso del confine, favorisce il sovrasfruttamento del territorio e delle risorse italiane aumentando il rischio di importazione illegale di rifiuti pericolosi.
Siamo di fronte a un business totalmente insostenibile e inaccettabile per il nostro Paese.
È ora che lo Stato Italiano intervenga per interrompere l’esportazione di inerti e l’importazione di rifiuti e impedire il riempimento delle cave con rifiuti a rischio contaminazione: per questo ho presentato un’interrogazione al Ministro dell’ambiente.
Difendiamo il nostro territorio, l’ambiente e la salute dei cittadini!