Accade in estate che il livello dell’Adda scenda al punto da costringere gli agricoltori a ridurre il prelievo di acqua, proprio nel periodo in cui le colture ne avrebbero più bisogno. Eppure i grandi invasi alpini hanno enormi scorte d’acqua che potrebbero essere usate per aumentare il livello del Lario e, quindi, dell’Adda.
Insomma, l’acqua c’è, ma non viene gestita in modo corretto: per massimizzare i profitti, le grandi aziende energetiche che gestiscono gli invasi per produrre energia idroelettrica lasciano fluire acqua solo quando la richiesta (e i prezzi) del mercato elettrico sono più elevati. Se i prezzi sono bassi, le aziende trattengono l’acqua in attesa di condizioni più remunerative: di fatto gli interessi speculativi prevalgono sull’interesse generale.
Occorre correggere al più presto questa anomalia attraverso il controllo pubblico che la legge prevede: per questo ho presentato un’interpellanza al Ministro dell’ambiente. Infatti il Consorzio Adda, che ha il compito di regolare il regime del fiume nell’interesse generale, è soggetto alla vigilanza del Ministero dell’ambiente e il presidente del consorzio è nominato direttamente dal Ministro. Il problema è che il controllo del Ministero negli ultimi anni si è notevolmente indebolito: basti pensare che l’ultimo presidente ha terminato il mandato all’inizio del 2014 e da allora non è ancora stato nominato il suo successore!
In mancanza di controllo, non stupisce che gli interessi speculativi abbiano prevalso sull’interesse generale: è fondamentale assicurare un più stretto governo pubblico delle attività del Consorzio. Nell’interpellanza al ministro Costa ho chiesto quali siano le sue intenzioni: sia riguardo l’attesa nomina del presidente, sia riguardo l’esercizio del potere di vigilanza attraverso eventuali ispezioni sull’andamento dei servizi resi dal Consorzio.