Esprimo pubblicamente la mia piena solidarietà agli amici (e consiglieri/portavoce M5S di Vimercate) Arianna Mauri e Carlo Amatetti, vittime di un roboante attacco sul piano umano, ancora prima che politico e professionale.
La vicenda ha avuto rilevanza nazionale sui media. Carlo e Arianna, titolari di una piccola società editrice, organizzano da anni eventi culturali nella loro Vimercate, ottenendo sempre il sostegno promozionale ed anche economico del Comune (a targa PD fino all’anno scorso).
Quest’anno, in occasione del loro evento più ambizioso e di maggior rilievo culturale, hanno osato chiedere il solito patrocinio al Comune, oggi retto da una giunta pentastellata.
Le opposizioni, guidate dagli stessi politici pd che fino all’anno prima avevano sostenuto le iniziative di Carlo e Ariana, sono insorte, con tanto di accuse di conflitto di interessi, favoritismo, utilizzo non autorizzato del logo del Comune e persino subaffitto a pagamento di spazi comunali ottenuti gratuitamente.
Ho letto le accuse, ho parlato con Carlo e il nostro sindaco Francesco e mi sono anche sorbito due ore e diciotto minuti di registrazione del consiglio comunale dedicato alla vicenda. Ho ascoltato con attenzione tutti gli interventi, sopratutto quelli dei consiglieri di opposizione, molti dei quali, devo dire, mi son parsi dei gran professionisti della politica, per il pathos e la retorica che ci hanno messo.
Peccato che non ci sia stato nessun conflitto di interessi, nessun favoritismo, nessun utilizzo non autorizzato del logo del Comune così come non c’è stato subaffitto di spazi comunali a pagamento (bensì una semplice richiesta di contributo alle associazioni che intendessero partecipare attivamente all’evento
organizzato da Carlo e Arianna).
Insomma si è tirato su ad arte un gran polverone, con tanto di foto e titoloni sui giornali… ma fatti concreti ben pochi, al netto delle becere strumentalizzazioni. Spiace che ci siano andate di mezzo due brave persone, ancora poco avvezze ai colpi bassi della bieca lotta politica, ree soltanto di ostinarsi a voler fare cultura in un Paese come il nostro.