La grande quantità di diossina emessa nel disastro ICMESA il 10 luglio 1976 non avrebbe prodotto conseguenze sanitarie. Questa è l’impressione che si ricava leggendo l’articolo – pubblicato il 21 maggio scorso dal Cittadino di Monza e Brianza – riguardante il convegno tenuto a Seveso sabato 14 maggio. Lo riporto di seguito:
Secondo quanto riportato dal Cittadino, sarebbe “allarmista” l’articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 15 maggio 2016 che aveva descritto il quadro preoccupante emerso dai dati presentati nel corso dello stesso evento. A partire dal titolo, il messaggio del Corriere è chiaro:
Per vederci chiaro, ho chiesto un parere al mio amico Federico Balestreri, medico e membro del Comitato Scientifico dell’Associazione Internazionale dei Medici per l’Ambiente – ISDE Italia, che era presente al convegno. Le sue conclusioni sono molto diverse rispetto a quanto riportato dal Cittadino:
Bisogna tenere presente che sono stati presentati i dati di una esposizione acuta a diossina su un limitato di persone, meno di 3000 persone nella zona A. Inoltre le precauzioni messe in atto al momento dell’incidente hanno sicuramente contribuito ad una riduzione significativa degli impatti.
Non sono stati valutati nello studio gli eccessi sia per LNH (Linfomi non Hodgkin) che per STM (Sarcomi tessuti molli), tumori caratteristici delle diossina.
Vi è stato invece incremento significativo di mortalità per alcuni tumori, e per malattie cardiovascolari e Respiratorie.
L’incremento di malattie vascolari dovute allo stress, mi sembra abbastanza fantasiosa, anche perché avrebbero dovuto verificarsi nei primi mesi dell’evento e non spalmate sull’arco dei 40 anni.
Invece è stato molto significativo il rilievo dell’inversione nel rapporto maschi/femmine alla nascita, dimostrazione se mai ce ne fosse bisogno degli effetti endocrine disruptor delle diossine.
Pertanto se affermare che a Seveso oggi si muore ancora di diossina non è corretto, sarebbe altrettanto fuorviante minimizzare i risultati dello studio, che rappresenta comunque una analisi unica nel suo genere.
Sarebbe interessante monitorare l’incidenza delle patologie di interesse sulle seconde e terze generazioni degli esposti. Le esposizioni croniche a basse dosi, hanno impatti di tipo sicuramente diverso da una esposizione acuta per un brevissimo periodo di tempo.
In ogni caso nella zona è sicuramente auspicabile che si eviti di emettere altre diossine, soprattutto come nel caso degli inceneritori, quando non ve ne è alcuna necessità, avendo oggi a disposizioni tecnologie alternative meno impattanti per lo smaltimento dei rifiuti.”
Non è la prima volta che in Brianza si tenta di edulcorare la realtà dei fatti riguardo problemi ambientali. Gli studi pubblicati dopo Seveso dimostrano che gli effetti sanitari sono stati reali e significativi.
Quando si parla di eventi che hanno inciso, letteralmente, sulla pelle delle persone, qualsiasi semplificazione o banalizzazione giornalistica è semplicemente inaccettabile!
Il cittadino riporta le affermazioni di Mocarelli che più volte ha sminuito l’incidente , anche Veronesi esalta gli inceneritori, perché la Marcegaglia finanzia la sua fondazione ……