21. Gennaio 2016 · Commenti disabilitati su Nuova Sentenza Tar: no all’affidamento diretto a Bea Gestioni… chi aveva ragione? · Categorie:Ambiente - Rifiuti

Bea Tar Misinto2

Qualcuno si ricorderà la polemica tra me e la società Bea riguardo al fatto che Bea Gestioni non avesse i requisiti per l’affidamento diretto del servizio di gestione dei rifiuti da parte dei comuni, non essendo né una società totalmente pubblica né una società mista secondo lo schema previsto dal partenariato pubblico privato istituzionalizzato (PPPI).

Dopo che il TAR si era pronunciato sull’affidamento del Comune di Limbiate a Bea, proprio un anno fa avevo scritto a tutti i sindaci soci di Bea e Cem per avvisarli che uno dei cardini della fusione delle due società (la gestione in house del servizio) andava a farsi benedire. Seguirono repliche e controrepliche dei vertici di Bea (con tanto di pareri legali) che mi  accusarono (tanto per cambiare) di strumentalizzare alcuni brevi passaggi della sentenza, distorcendone il senso a favore della mia tesi.

Ebbene nei giorni scorsi il TAR si è di nuovo pronunciato (questa volta per una vicenda che riguarda il comune di Misinto), confermando in maniera inequivocabile quello che avevo detto io. Oggi  Bea Gestioni è una società di proprietà mista, pubblica e privata, che può solo partecipare a gare per cercare di ottenere il servizio di gestione dei rifiuti da parte dei comuni! Niente in house, niente PPPI, niente affidamenti diretti.

La qual cosa non è esattamente irrilevante per la fusione con Cem e anche per la stessa sopravvivenza della società. Complimenti ai soci di Bea e ai vertici della società che hanno deciso e gestito il Piano Industriale 2012/2013 che ha portato a questa situazione!

Ecco la nuova lettera che ho inviato oggi ai soci di Cem!

Egregi signori,

con la presente faccio seguito alla mia dell’11 febbraio 2015 con la quale portavo all’attenzione di tutti i destinatari in indirizzo gli importanti contenuti della Sentenza del TAR n.00287/2015 del 23 gennaio 2015 (successivamente confermata dal Consiglio di Stato) con la quale venne accolto il ricorso avanzato da Gelsia Ambiente Srl contro il Comune di Limbiate, portando di fatto all’annullamento di tutti gli atti mediante i quali l’Amministrazione intendeva affidare direttamente a Bea Gestioni spa i servizi di igiene ambientale a decorrere dal 1° gennaio 2015.

All’epoca avevo fatto notare come il TAR avesse rilevato la mancanza, in capo a Bea Gestioni, dei requisiti necessari per operare in regime di Partenariato Pubblico-Privato Istituzionalizzato. Allo stesso tempo avevo sottolineato come Bea Gestioni non potesse più operare secondo il modello dell’in house providing riservato alle società totalmente pubbliche in quanto il 10% delle azioni sono di proprietà di un privato.

Poiché i modelli in house e PPPI sono gli unici che legittimano gli affidamenti diretti da parte dei Comuni, si era evidenziato un cortocircuito per cui Bea Gestioni poteva (e tuttora può) ricevere affidamenti dai Comuni solo ed esclusivamente partecipando a gare d’appalto.

Oggi, a distanza di un anno, a seguito del ricorso avanzato da Bea Gestioni Spa contro il Comune di Misinto e Gelsia Ambiente Srl, la sentenza del TAR Lombardia n. 2745/2015 del 4 gennaio 2016 ribadisce e precisa in modo inequivocabile che Bea Gestioni non ha i requisiti per ricevere affidamenti diretti. A pagina 9, punto IX si legge infatti:

Solo per completezza va dato atto della fondatezza anche di un ulteriore profilo di inammissibilità del ricorso, pure sollevato dalle parti intimate, che fa leva sulla circostanza che, contrariamente a quanto affermato dalla difesa di Bea, quest’ultima non avrebbe affatto i requisiti per proporsi come gestore del servizio di igiene ambientale, sicché nessuna utilità potrebbe trarre in caso di esito favorevole del presente giudizio.

In riferimento alla precedente sentenza 287/2015 relativa al ricorso avanzato da Gelsia Ambiente contro Limbiate e Bea Gestioni, a pagina 10 si legge:

La surrichiamata sentenza n.287/2015, depositata lo stesso giorno di deposito del ricorso in epigrafe, benché appellata da parte controinteressante, non è mai stata sospesa dal giudice d’appello, risultando da quella data ininterrottamente esecutiva e produttiva di effetti anche ai fini dell’odierna decisione. Ebbene, poiché da tale pronuncia si evince la insussistenza in capo alla società Bea dei requisiti della società mista, deve escludersi che, diversamente da quanto asserito nel ricordo, Bea fosse legittimata a porsi tra i soggetti ai quali il Comune di Misinto avrebbe potuto rivolgersi, ai fini dell’affidamento diretto del servizio di cui trattasi.

E’ del tutto evidente a questo punto che Bea Gestioni si trova nell’impossibilità di ricevere affidamenti diretti dai Comuni, pertanto ribadisco con forza quanto già espresso l’11 febbraio 2015: quella “attività di verifica (…) al mantenimento dei presupposti per l’affidamento in house dei servizi da parte dei Soci…” (Accordo Quadro Bea/Cem, pagina 4-5) è già stata autorevolmente svolta dal Tar, non una, ma ben due volte, con esito negativo.

Lo schema approvato con l’Accordo Quadro Bea/Cem, qui sotto riportato, non è quindi conforme al quadro normativo vigente, laddove prevede l’affidamento diretto del servizio di smaltimento a Bea Gestioni.

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Vi invito quindi a tenere presente quanto sopra nell’ambito delle verifiche propedeutiche alla fusione Bea/Cem che sono attualmente in corso. La NewCo che deriverebbe dalla fusione Bea/Cem, sarebbe costretta a mettere a gara il servizio di incenerimento dei rifiuti; vengono quindi a mancare al progetto di fusione le motivazioni, sia quelle ufficiali (mantenimento del controllo pubblico su tutto il cosidetto ciclo dei rifiuti) che quelle reali (salvataggio forzato del vecchio inceneritore di Desio – altrimenti destinato alla chiusura o riconversione – grazie alla spazzatura dei Comuni soci di Cem, “garantita” dall’affidamento diretto).

Mi auguro che di fronte a quanto sentenziato dal TAR per ben due volte (una delle quali già confermata in Consiglio di Stato), si colga l’occasione per un ripensamento e un cambio di politica industriale che privilegi una gestione pubblica fondata sull’abbandono definitivo della pratica dell’incenerimento a favore del perseguimento della strategia Rifiuti Zero.

In Italia abbiamo casi eccellenti di gestione pubblica dei rifiuti: ad esempio il Consorzio Contarina, realtà totalmente pubblica che raggruppa 50 comuni, serve 550 mila abitanti e da lavoro a 645 persone in Provincia di Treviso. Contarina ha dato vita ad una virtuosa gestione dei rifiuti che marginalizza (e in prospettiva elimina) il ricorso a discariche e inceneritori e permette notevoli risparmi di costi di gestione.

Abbandonando l’insensata idea di fondersi con una società che intende potenziare e mantenere in vita per altri 15 anni un vecchio forno inceneritore, CEM Ambiente potrebbe raggiungere gli stessi ottimi risultati di Contarina.

In particolare, i comuni del Consorzio Contarina si sono dati l’obiettivo di arrivare entro pochi anni alla produzione di soli 10 kg per abitante all’anno di rifiuti da smaltire (oggi sono già a 50 kg, mentre la media della provincia di Monza e Brianza è 124 kg).

Questo dato, parametrato sul numero di abitanti dei Comuni soci di Bea e Cem, porterebbe alla produzione di soli 7.500 tonnellate annue di rifiuti da smaltire… se si seguisse il “modello Contarina” un inceneritore da 90.000 tonnellate come quello di Desio non servirebbe a nulla.

Va peraltro aggiunto – ampliando la visione al contesto regionale – che il vecchio forno di Desio risulta del tutto inutile anche per le attuali esigenze di smaltimento dei Comuni soci di Bea e Cem. Difatti recentemente, nei decreti attuativi della legge “Sblocca Italia”, anche il Governo Renzi (in aggiunta a quanto già certificato in precedenza da Regione Lombardia) ha quantificato in oltre 500 mila tonnellate la sovracapacità di incenerimento della nostra regione.

Proprio per questo motivo i Comuni soci di Accam (il vecchio inceneritore di Busto Arsizio), dopo un accurato studio di fattibilità tecnico/economica, hanno definitivamente stabilito di procedere alla dismissione del loro forno entro la fine del 2017, con conseguente riconversione in impianto di riciclaggio/recupero di materia. Lo stesso percorso che la logica, il buon senso, la convenienza economica, il rispetto dell’ambiente e la tutela della salute dei cittadini imporrebbe ai soci di Bea, ma che fino ad oggi è stato completamente ignorato.

Ringrazio per l’attenzione.

Cordiali saluti

Gianmarco Corbetta

Consigliere Regionale

Gruppo MoVimento 5 Stelle

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