Qualche tempo fa ho avuto il piacere di conoscere il Professor Sandro Serenari dell’Università di Bologna, Presidente di E-qo, organizzazione non governativa accreditata al Parlamento Europeo.

Il professore simpatizza per noi e mi ha spiegato quale dovrebbe essere, secondo il suo parere, l’approccio strategico del MoVimento al Parlamento Europeo. Un Parlamento che ha modalità operative e di funzionamento completamente diverse da quelle dei Consigli Regionali e dei Parlamenti Nazionali.

Sarebbe bene, a mio giudizio, al di là dei “7 punti per l’Europa“, cominciare a ragionare su come approcciarci all’Europarlamento, per non perdere troppi mesi a capire come “funzionano le cose” a Bruxelles. A partire dal contributo prezioso che possono portare le ONG.

In quest’ottica, lo scritto del Professor Serenari sulla spinta al cambiamento che il Movimento può portare in Europa mi sembra particolarmente interessante e spero che possa stimolare un dibattito proficuo!

“All’interno del Parlamento europeo il “luogo” deputato alla promozione di azioni politiche dirette, che non si smarriscano nella complessità dei procedimenti, è il gruppo politico; poche decine di membri deputati iscritti ad un gruppo misto o fondatori di un nuovo  gruppo con altri soggetti non allineati rappresentano un’entità irrilevante per i dibattiti e le votazioni e, più in generale, per la vita delle istituzioni (vedasi Lega Nord).

Il  Parlamento europeo è il luogo dove si discute per far nascere la politica e gli indirizzi che stabiliscono principi generali che poi concorrono ad orientare tanto gli impieghi delle risorse (programmi finanziari gestiti dalla Commissione europea) quanto la legislazione a ricaduta nazionale (le Direttive): a gran parte delle attività parlamentari si riesce appena a prendere parte al momento della votazione (chi si iscrive per un intervento ha 1 minuto e 50” a disposizione e, a chi ha abitudini oratorie latine, viene tolto il microfono prima di avere completato la premessa). Questa breve nota intende invece esplorare le ipotesi di attività indirette, non meno efficaci e di impatto nella vita pubblica, per impiegare con effetto la forza politica del M5S nel contesto europeo.

A Bruxelles occorre avere capacità di proposta perché, contrariamente alla politica nazionale, non si è mai chiamati a commentare l’operato di altri esponenti, ma a dare seguito alle proprie istanze, che rimangono nel totale anonimato, fino a quando non prendono forma di istanza o mozione; ciascuna forza politica ovviamente deve calibrare l’ambizione e l’organizzazione della proposta in base alla propria massa critica, nonché alla missione nei confronti del proprio elettorato. È perciò fondamentale avere un progetto con obiettivi condivisi che si aggancino alla politica nazionale e, questa la vera opportunità!, aprano il Movimento ad un’adesione della cittadinanza europea, cercando a più livelli aggregazioni e alleanze che allarghino e rafforzino la rete.

La principale forza che il M5S può e deve spendere nel contesto europeo è (usando terminologia del luogo) la sua missione di advocacy, che è opposta a quella dominante di lobbying; il Movimento non promuove interessi, ma valori universali e questa prerogativa – in gran parte sottodimensionata – può essere messa a valore coordinando l’attività parlamentare degli eletti con tutti i soggetti nati ed accreditati per promuovere lo stesso tipo di azioni trasparenti, ovvero le Organizzazioni non governative ONG.

Il M5S potrebbe (in proprio/in accordo con le ONG/attraverso alcune ONG) perseguire in Europa quello che risulta di difficile attuazione in Italia: portare le “persone” fisicamente all’interno delle istituzioni, usando le libere porte girevoli del débat public. Non soltanto i membri del Parlamento eletti attraverso il voto, ma una continua e massiccia presenza di relatori e uditori che, accreditati come volontari ONG e non, potrebbero prendere parte attiva ai lavori di tutte le commissioni, creando un modello di partecipazione e di informazione, di continuità politica-cittadinanza in parte inedita e virtuosa.

Secondo le prime valutazioni, peraltro conservative, contando sulla presenza di almeno 15 eurodeputati – ed utilizzando la logica di impiegare la metà dei loro budget compensi per attività istituzionali – nei 5 anni di legislatura si potrebbero portare alla partecipazione attiva dei lavori del Parlamento europeo almeno 7.500 cittadini, scelti tra coloro che liberamente esprimeranno vocazione ed attenzione per le tematiche centrali in oggetto, come politiche ambientali, occupazione, competitività, immigrazione, cultura, diritti umani, etc. L’obiettivo sarebbe quello di creare un doppio binario di confronto competitivo: nel merito degli stessi argomenti si misurerebbero – fino allo scontro del voto – le istanze nazionali di (es.) interessi tedeschi vs italiani, ma anche quelli di interessi corporativi vs cittadinanza, quest’ultima finalmente in grado di movimentare strumenti collettivi di ascolto, di proposta e di divulgazione. Da non sottovalutare la ricaduta formativa che questa iniziativa avrebbe sulle migliaia di “ambasciatori laici” della cittadinanza a Bruxelles, sia in chiave politica che in chiave professionale per le future carriere.

Le attività nelle varie commissioni hanno durata di diversi mesi/anni; le ONG – in scarsità di risorse – esprimono una capacità di partecipazione limitata e non costante, spesso non potendo coprire l’intera durata dei lavori. L’idea sarebbe appunto quella di creare delle staffette di partecipazione, con precise modalità di passaggio delle consegne, per esperienze coordinate sul campo di alcune giornate di lavoro per ciascun volontario, spesato nei costi di trasferta, vitto e alloggio (si andrebbe a promuovere una sorta di consorzio d’acquisto per ottenere tariffe di vantaggio da linee aeree ed operatori turistici).

Oltre a questo dovrebbero essere organizzate in forma di educational delle iniziative di winter school per aprire le porte del Palazzo ad altre centinaia di cittadini, dove presentare periodicamente lo stato dei progetti e divulgare i risultati ottenuti. Da queste plenarie – che non hanno costi di organizzazione – dovrebbero nascere le istanze destinate a diventare “azione politica” in forma di manifesto: l’esempio chiarificatore è fornito dai soggetti no profit che hanno stimolato alcuni eurodeputati la scorsa legislatura a scrivere la carta contro lo spreco, che poi è diventata mozione votata ed approvata in plenaria a Strasburgo e che ora darà vita ad una serie di azioni che ricadranno sulla collettività (creazione della giornata europea contro lo spreco, stanziamento di budget alla Commissione europea per progetti contro lo spreco, legislazione e direttive contro lo spreco).

Le istituzioni europee sono un luogo dove acquisire esperienza ed esercitare, in tutte le qualità, i diritti di cittadinanza; si potrebbe persino utilizzare la piattaforma di Bruxelles come fonte di approvvigionamento di informazioni per carriere europee, basate finalmente sul lavoro e sul merito, per creare un altro legame tra Movimento e cittadini. Occorre però disporre di un gruppo di riferimento (gli eletti) in grado di implementare le linee di questa ipotesi di progetto e di aprire la strada ad altre e migliori proposte che giungeranno in corso d’opera. I requisiti sono stringenti, perché il rischio di rendere effimera la presenza di alcuni deputati al Parlamento europeo è consistente. Conoscenze (di tecnica e pratica, ricordando tuttavia che la lingua italiana è una lingua ufficiale del parlamento europeo), capacità individuali ed esperienze sono prerequisiti in base ai quali selezionare coloro che dovranno organizzare questo inedito sbarco di cittadinanza. Qualsiasi tipo di azione si basa sulla capacità di dialogo formale ed informale con i membri dei 28 paesi europei, per costruire alleanze di scopo, facendo condividere la missione generale e le singole azioni che per essere promosse hanno bisogno di consenso interno.

In Europa non si fa soltanto politica di antagonismo, che così tanta reputazione ha dato in Italia al M5S; si utilizzano altresì tutte le capacità condivise per dare divulgazione ai principi di buon senso, di legalità e di giustizia che rappresentano gli obiettivi della migliore partecipazione civica.”

Professor Sandro Serenari

 

2 commenti

  1. grazie mille, molto interessante e importantissimo per avviare una discussione che, purtroppo, non si sta avviando…

  2. Aurelio Camporeale

    Grazie Gianmarco sono d’ accordo su quanto propone il prof. Serenari, se ho ben capito bisogna fare massa critica e dialogare con la maggior parte dei membri dei 28 paesi per raggiungere un obiettivo comune, basato su principi, valori universali e non su leggi fine a se stesse.
    Ma Grillo cosa dice a tal proposito? Che visione ha sull’ entrata del M5S in parlamento europeo?
    Come sai a Monza abbiamo avviato un gdl per analizzare e discutere i 7 punti del programma, ch’è risultato molto scarno e alcuni punti in contradizione.
    Noi andiamo avanti col gdl per essere pronti in vista delle Europee e nel frattempo
    aspettiamo ulteriori informazioni.