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Oggi finalmente trovo il tempo di dire la mia sul convegno che si è tenuto giovedì scorso, 6 febbraio, a Cesano Maderno sul tema “Sviluppo economico e Infrastrutture” con l’Assessore regionale alle Infrastrutture e Mobilità Maurizio Del Tenno, il Direttore tecnico TEM Luciano Minotti, il Vice Direttore Ferrovie Nord Franco Mariani, il Consigliere Fondazione Fiera Gabriele Galli, il Segretario Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti Paolo Pirovano e, last but not least, il Sindaco di Cesano Maderno Gigi Ponti.
Ho partecipato con la speranza (rivelatasi vana) di avere finalmente qualche dato serio circa la relazione che legherebbe le infrastrutture come Pedemontana e lo sviluppo economico. Purtroppo come temevo non si è andati oltre le solite banalità, dando per scontato un assioma che scontato non è affatto.
Non ho condiviso l’introduzione di Edgardo Zilioli, l’organizzatore della serata, che ha voluto sottolineare come il convegno volesse parlare del legame tra sviluppo economico e “infrastrutture in generale”, senza fare alcuna distinzione sul tipo di infrastrutture di cui si andava a parlare. Perché le infrastrutture in sé e per sé non sono sempre buone e utili! Ve ne sono anche di cattive e dannose e se non si fa un minimo di approfondimento, allora è inutile anche organizzare certi dibattiti. Un conto è parlare di un’autostrada e un altro di una ferrovia, un conto è un inceneritore e un altro un impianto di compostaggio… che senso ha fare di tutta l’erba un fascio?
Nonostante gli intendimenti iniziali, il dibattito si è inevitabilmente orientato sul tema scottante della Pedemontana, grazie anche alla presenza di un pubblico molto attento all’infrastruttura.
Su Pedemontana si potrebbero dire tante cose.
A partire dal fatto che l’autostrada passa nell’area contaminata dalla diossina dell’incidente Icmesa del 76. La diossina è ancora in buona parte nei terreni (vista la bonifica solo parziale dell’area fatta a suo tempo) e non è esattamente una buona idea andare a movimentare terra proprio in quell’area, con conseguente rimessa in circolo di questa terribile sostanza inquinante. Tanto è vero che la Regione Lombardia, per legge, aveva vietato qualsiasi lavorazione in quell’area, ma, per far passare l’autostrada, ha abrogato questo divieto! Senza dimenticare poi che le prescrizioni del Cipe (che prevedono una serie di controlli approfonditi sul livello di contaminazione dei terreni) sono ancora oggi lettera morta.

diossina

Si potrebbe proseguire parlando dei profili di illegittimità legati al progetto definitivo della tratta B2 (quella che va da Lentate a Cesano), a partire dal mancato interramento della tratta. La tratta era stata prevista originariamente in superficie, ma Regione Lombardia aveva bocciato questa soluzione e imposto l’interramento (per evidenti motivi di impatto ambientale) salvo poi rimangiarsi la parola (in fase di approvazione del progetto definitivo) e tornare alla vecchia soluzione – che lei stessa aveva bocciato – per risparmiare soldi!

autostrade

C’è poi il tema della mancata redazione della VAS (Valutazione Ambientale Strategica) e del mancato rispetto della Legge Obiettivo (che richiede tempi e costi certi). Tutte queste considerazione hanno generato un ricorso al Tar da parte dei comitati dei cittadini, che potrebbe risultare devastante per il prosieguo dell’opera.

Pedemontana-B2-C

Si potrebbe anche parlare del consumo di suolo che tale opera comporterà per la Brianza, la provincia più cementificata d’Italia (53% del suolo consumato con punte, in alcuni comuni, del 90%). Pedemontana spazzerà via gli ultimi angoli verdi rimasti sul nostro territorio, alla faccia degli sforzi che si stanno compiendo per arrivare all’approvazione di una legge regionale per fermare il consumo di suolo.

aaaaaaa

Ci si potrebbe infine soffermare sulle enormi difficoltà finanziarie in cui versa l’opera. I lavori sono finanziati solo per la tratta A (in via di ultimazione) e la B1 (da Lomazzo a Lentate). Questi pezzi hanno assorbito tutte le risorse pubbliche originariamente previste per l’intera opera, dato che i privati si sono ben guardati dall’investire in Pedemontana. Il tratto B2 e C sono privi di finanziamento. Sono note a tutti le difficoltà della Provincia di Milano e del Comune di Milano nel vendere le loro quote di Serravalle (che controlla Pedemontana S.p.A.)… ad oggi nessun compratore si è fatto avanti in quanto spaventano gli enormi investimenti che dovranno essere fatti per la prosecuzione dell’opera. Il rischio, concreto, è quello di aprire dei cantieri che poi resterebbero abbandonati per mancanza di soldi. Nel tempo, i vari Prodi, Di Pietro, Berlusconi, Formigoni, Cattaneo hanno generosamente gettato il cuore oltre l’ostacolo (o meglio, hanno gettato l’asfalto oltre l’ostacolo) senza preoccuparsi delle coperture finanziarie, confidando che sarebbero arrivate una volta iniziata l’opera.

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Ma non hanno fatto i conti con la crisi! Oggi la domanda di mobilità non è più quella prevista un tempo (già… dimenticavo di dire che Pedemontana è nata vecchia, se ne parla da almeno 30 anni!), tanto che gli istituti di credito non credono più nel rientro dei capitali investiti nei 25 anni di concessione (con costi del pedaggio tripli rispetto alla media nazionale).
L’opera doveva venir pronta per Expo, ma ormai questo cronoprogramma è stato abbandonato: ora si punta ad aprire la tratta B1 per collegarla alla Milano-Meda entro il 2015; dei lavori delle altre tratte se ne riparla dopo Expo… a babbo morto, come si suol dire. In Regione si azzardano a dire che l’autostrada sarà terminata entro il 2017… ma c’è qualcuno che è disposto, realisticamente, a crederci?? Suvvia, siamo seri…
Per questo motivo i sindaci sulla tratta B2 ora sono terrorizzati: l’ipotesi più realistica è quella che la Pedemontana finisca a Lentate, sversando tutto il traffico proveniente da Como, Varese e Saronno sulla Milano-Meda, già di per sé congestionata. A Lentate, Seveso, Cesano Maderno e Bovisio sarà il caos. Con buona pace dei sindaci che finché si è trattato di spartirsi i soldi delle opere di compensazione se ne sono stati zitti e buoni.

trafficoMiMe

Ma quel che avrei voluto dire in quel convegno, se fossi stato tra i relatori, è che Pedemontana è stata concepita decenni fa, in un mondo che nel frattempo è completamente cambiato. Il territorio si è deindustrializzato, il suolo è stato fortemente urbanizzato e l’inquinamento atmosferico è diventato un problema serio (che causa migliaia di morti ogni anno). Che senso ha Pedemontana oggi? Davvero c’è bisogno di un collegamento est-ovest (da Varese a Bergamo) di questo genere?? Anche alla luce del potenziamento dell’A4 e della creazione della Bre-Be-Mi… che senso ha una terza autostrada che viaggia in parallelo a pochi chilometri di distanza?
Oggi i Tir nel nord Italia viaggiano con un coefficiente di carico attorno al 50%; non sarebbe meglio puntare a risolvere le inefficienze del nostro sistema logistico e dei trasporti invece di buttare 5 miliardi di euro in un’opera cosi devastante? Non sarebbe meglio ammodernare e mettere in efficienza la rete viabilistica esistente? Non sarebbe meglio puntare sul ferro (sono trent’anni, per esempio, che si aspetta il prolungamento dalla metrò fino a Vimercate)?

Sciopero tir

Durante la serata è intervenuto il signor Accornero, rappresentante degli artigiani brianzoli, spiegando che i distretti produttivi lombardi hanno bisogno dell’autostrada: spesso un divano – ha spiegato – viene prodotto da più aziende (ciascuna ne realizza un pezzo) ed è un problema se si devono perdere tempo e soldi per il trasporto difficoltoso dei semilavorati. D’accordissimo, ma siamo proprio sicuri che per risolvere il problema serva un supercollegamento Varese-Bergamo? Con pedaggio salatissimo, tra l’altro. Occorre una strategia organica per rendere efficiente e scorrevole la rete stradale ordinaria per collegare agevolmente le aziende di un certo distretto territoriale, che distano pochi chilometri le une dalle altre… che c’azzecca un’autostrada?? A meno che non mi si venga a dire che il tessuto del divano è prodotto a Varese, l’imbottitura a Monza e il telaio a Bergamo…

Insomma, da qualunque lato la si veda, questa autostrada non sta in piedi! E non vale nemmeno tirare di mezzo, come ha fatto l’assessore Del Tenno, la questione del lavoro! Si tratta per lo più di lavoro dequalificato e temporaneo (quando l’opera finisce, finisce anche il lavoro). E’ chiaro che l’unica analisi che è stata fatta è la VIE (Valutazione di Impatto Elettorale)… questa autostrada fa comodo, elettoralmente parlando, a quei politici che l’hanno voluta e la difendono con le unghie e con i denti, oltre naturalmente a tutte quelle grosse imprese che si sono aggiudicate gli appalti, a volte anche in modo illegittimo!

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Infine, non dimentichiamoci che viviamo un momento storico in cui le risorse pubbliche sono molto limitate. Investire soldi in questa maledetta autostrada significa non investirli in altre opere, in altri settori. Significa non avere soldi per la diffusione della banda larga, significa non avere soldi per il trasporto pubblico, significa non avere soldi per la riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare pubblico, significa non avere i soldi per la messa in sicurezza del territorio dal rischio idrogeologico. Tutte attività che porterebbero lavoro, spesso qualificato e duraturo.

E i nostri politici, a fronte di tutto questo, sono ancora qui, nel 2014, a insistere con questa autostrada, concepita a suo tempo senza una visione strategica, in totale latitanza di una programmazione della mobilità, sulla scorta di aspettative finanziarie fasulle??? Non fanno altro che dimostrare di possedere, nella migliore delle ipotesi, una visione del futuro miope e del tutto inadeguata ai tempi che viviamo!

Come se ne esce? Occorre fermare l’autostrada là dove è già stata realizzata: a Lomazzo, in corrispondenza dello svincolo dell’A8. Ma sarebbe troppo pretendere che chi governa la Regione e il Paese capiscano di essersi avventurati in un vicolo cieco.

14. Febbraio 2014 · Commenti disabilitati su Caso Micron di Agrate: i gioielli di famiglia e lo spezzatino · Categorie:Lavoro

micron

Parliamo della crisi occupazionale della St Micron.
Prima di affrontare l’argomento è bene riassumere la storia recente di quella che è stata una grande azienda, uno dei fiori all’occhiello del patrimonio industriale nazionale. Nel 2007 la ST scorpora la Divisione Memorie, creando l’azienda ST M6; nel 2008 nasce la Numonyx costituita dalla Divisione Memorie di ST, appena scorporata, e la divisione memorie dell’americana Intel. Le quote azionarie della Numonyx sono quindi possedute quasi alla pari da Intel e ST oltre a un 6% detenuto da una Equity americana, Francisco Partners, nota per investimenti speculativi.
La Numonyx è presente in Italia ad Agrate (MB), Catania e Arzano (NA) con circa 1100 dipendenti fra ingegneri, fisici e tecnologi, ma nel 2010 la Numonyx viene acquisita dall’americana Micron, già presente in Italia ad Avezzano (AQ) con 1800 dipendenti. Con questa operazione la Micron si impossessa di un enorme patrimonio di brevetti e di tecnologie a lei nuove, tra le quali le memorie flash NOR e le memorie a cambiamento di fase (PCM). In poco tempo trasferisce queste tecnologie oltreoceano, i gruppi di design vengono smembrati o ridotti a ruoli marginali.
Nel 2013 lo stabilimento di Avezzano, che produce sensori di immagine, viene venduto alla tedesca LFoundry che riceve un finanziamento dal Governo italiano di circa 40 Milioni di Euro facenti parte di un accordo di programma destinati alla Numonyx e a gennaio di quest’anno la Micron annuncia 419 esuberi, circa il 40% della forza lavoro italiana, nonostante aver ottenuto dei ricavi record nel 2013 e una quotazione azionaria triplicata rispetto a due anni prima.
E questo succede mentre in Francia la ST riassorbe circa 1600 dipendenti di un’altra scorporata, la ST-Ericson, grazie all’intervento e ai contributi del Governo francese, degli enti locali e dell’Unione Europea per un ammontare di circa 1 miliardo di euro! Il tutto grazie a Horizon 2020, il piano di finanziamento europeo per la microelettronica che potrebbe consentire alla ST di riassorbire gli esuberi Micron.
Nella sola sede di Agrate Brianza si parla di 223 lavoratori dipendenti che rischiano di andare in mobilità già da aprile, ma la minaccia che il processo coinvolga altri lavoratori è fin troppo evidente!
Recentemente i sindacati attraverso le Rsu si sono incontrati con l’assessore regionale Melazzini. A livello istituzionale devono essere messi in moto tutti gli strumenti necessari affinché il personale altamente qualificato e d’esperienza (tra gli altri figurano ingegneri e fisici) possa essere tutelato, tramite un forte coinvolgimento di Regione Lombardia e della dirigenza ST. Occorre fare leva sulle reali opportunità di utilizzo dei fondi europei per dare vita ad un nuovo piano industriale con l’obiettivo di garantire i livelli occupazionali.
Il 12 febbraio i sindacati e tutti i lavoratori coinvolti hanno organizzato un presidio davanti alla Confindustria di Monza dove si stava svolgendo un confronto tra le parti conclusosi con la disponibilità della Micron ad erogare solo 12 mensilità di liquidazione oltre alla mobilità, ma i lavoratori non ci stanno!
I sindacati e i lavoratori si stanno preparando a manifestare davanti al Ministero del Lavoro a Roma il 21 febbraio, per dare rilevanza e visibilità ad una questione che a noi pare essere non ancora conclusa. Noi siamo dalla loro parte!